È passato un anno dall’inizio della guerra aperta tra Ucraina e Russia. Nonostante le previsioni di una facile vittoria dell’esercito aggressore, la guerra si è impantanata in una serie di attacchi e contrattacchi da entrambe le parti, ed ha già causato centinaia di migliaia di morti e immani distruzioni. La condotta delle operazioni e il mantenimento di spropositati apparati militari sta provocando l’aumento del debito internazionale, con conseguenze sulla stabilità finanziaria dei protagonisti e dei loro alleati, mentre il governo ucraino diviene sempre più dipendente dal sostegno dei paesi NATO.
Il 24 febbraio sarà l’anniversario dell’invasione dei territori ucraini da parte della Russia. Questa data sarà usata dalle istituzioni, dalle forze politiche che sostengono la guerra per propagandare le ragioni del loro sostegno al governo ucraino. Si parlerà di democrazia e di indipendenza nazionale, di sacri valori e di Europa in pericolo: dietro le belle parole ci sono solo gli affari di lor signori; oggi gli affari dei pescecani delle forniture militari, domani gli affari di chi userà l’Ucraina come colonia, dove trasferire impianti produttivi grazie ad una mano d’opera più a buon mercato e a minori controlli.
Intanto i costi della guerra li paghiamo noi. Sono proletari quelli che muoiono nelle pianure del Donbass, sono le classi sfruttate che sopportano in massima parte l’aumento dei prezzi e il taglio dei servizi, delle pensioni e della sanità legati all’aumento delle spese militari, sarà ancora sulle classi sfruttate che i rispettivi governi scaricheranno gli oneri dei prestiti concessi oggi con tanta facilità, e per i quali non esiste alcuna speranza di rimborso domani.
I governi dei paesi occidentali assicurano che, con la vittoria sulla Russia, i prezzi caleranno e i pericoli di guerra in Europa svaniranno. In realtà non è possibile la vittoria militare della NATO. Al di là dei luoghi comuni su Napoleone e Hitler, sul generale inverno e così via, resta il fatto che la NATO ha bisogno di una Russia forte militarmente per tenere sotto controllo l’Asia centrale. Quando le truppe di Putin sono intervenute in Kazakistan per reprimere la ribellione popolare facendo migliaia di morti e per difendere gli interessi delle multinazionali del gas e del petrolio, nessun governo occidentale si è sperticato a denunciare i massacri, la violazione dell’indipendenza nazionale e delle libertà democratiche. Se non ci fossero le truppe russe, l’Asia centrale potrebbe essere preda di movimenti incontrollati, oppure cadere ancora di più sotto l’influenza cinese. L’occidente ha quindi bisogno di una Russia forte al di là degli Urali, ha bisogno di una Russia dove allo Stato Maggiore sia assicurato prestigio, dominio e finanziamenti, dove quindi le esigenze dell’armata abbiano un peso nell’agenda politica del governo. Come può lo Stato Maggiore russo conservare il proprio prestigio nel paese, servire efficacemente alla missione che l’imperialismo angloamericano gli affida in Asia, se accetta la perdita della Crimea e lascia alla Nato il controllo del Mar Nero?
Il protrarsi della guerra inoltre rafforza i legami tra Russia e Cina, e favorisce l’aggregazione attorno ad esse di governi malcontenti delle condizioni offerte loro dal mondo unipolare. Non si tratta solo di Cuba, della Corea del Nord e dell’Iran, si tratta di Brasile, India, Sud Africa e di tanti altri paesi che non si sono accodati alle sanzioni volute dalla NATO.
È importante quindi che il 24 febbraio le piazze siano piene degli oppositori alla guerra. Purtroppo c’è chi segue il conflitto con animo di tifoso, e crede che la vittoria dell’uno o dell’altro contendente favorisca le forze di trasformazione sociale. Il movimento anarchico è convinto che la guerra in sé peggiori le condizioni della trasformazione sociale, dando vita ad un apparato militare, fondamento e ultimo baluardo dei governi, inesistente in tempo di pace; l’arruolamento di masse ingenti di persone fa sì che queste persone si abituino alla disciplina e all’obbedienza, dimenticando quegli atteggiamenti ribelli che potevano averli animati nella vita civile; infine la guerra assorbe e distrugge le risorse, distruggendo quelle stesse basi materiali che avevano permesso alle masse oppresse di migliorare le loro condizioni di vita e di intravedere la possibilità di costruire una vita più giusta e più libera. Nessuna liberazione potrà venire né dalla vittoria di Putin, né da quella di Biden e di CarloIII, per l’interposta persona di Zelensky.
Per quanto ci riguarda, additiamo l’esempio de* nostr* compagn* in Russia e Bielorussia i quali, di fronte al militarismo crescente e alla guerra in atto, si sono rivolti ai coscritti affermando che il nemico non era a Kiev, ma a Mosca e a Minsk. Il movimento anarchico di quei paesi è parte del movimento di opposizione alla guerra, che si batte con le manifestazioni, i sabotaggi, l’azione diretta contro l’imperialismo russo. Additiamo l’esempio de* nostr* compagn* ucrain*, che di fronte all’ubriacatura nazionalista e autoritaria sostengono e lanciano appelli al sostegno internazionale dei disertori.
Anche in Italia abbiamo da fare qualcosa di più che fare il tifo per l’uno o l’altro dei contendenti. Il governo italiano, quello attuale e quello che lo ha preceduto, fa carta straccia delle proprie stesse leggi e fornisce armi ad una delle parti in guerra, oltre che finanziamenti che non saranno mai restituiti. Non solo, con la scusa delle armi fornite all’Ucraina, che hanno svuotato gli arsenali di armi obsolete, si sta tentando un’intesa fra maggioranza e opposizione per arrivare a tappe forzate a quel 2% sul prodotto interno lordo di spese militari voluto dalla NATO e rifornire così le forze armate di armi nuove fiammanti.
Fra le missioni militari autorizzate dal Parlamento, ci sono quelle in Europa Orientale: le truppe italiane sono in Lettonia, ai confini con la Russia, a protezione delle batterie missilistiche NATO puntate su quel paese. Forze armate italiane sono anche nei Balcani, dove collaborano con altri reparti di Stati membri della Nato in operazioni di controllo del territorio, fra di esse anche il “Tuscania”, che dovrebbe essere ospitato nella base che i Carabinieri vogliono costruire alle porte di Pisa.
Questo attivismo del governo si traduce in ben precise scelte di bilancio e in scelte politiche. Il malcontento sociale provocato dai continui tagli alle spese sociali, dalla riduzione del potere d’acquisto di salari e pensioni, dalla diminuzione dell’occupazione e dei sussidi ai disoccupati viene affrontato dal governo di estrema destra come un problema di ordine pubblico, in altre parole da gestire con metodi militari. In questo modo la guerra si sposta dai confini dell’Ucraina a casa nostra, e a portarcela è il governo.
Nella ricorrenza dell’invasione russa dell’Ucraina è necessario contestare tutti i tentativi di legittimare questa guerra, in tutte le piazze, dalle città più grandi ai paesi più isolati. Chiamiamo in causa le responsabilità del governo italiano nella continuazione della guerra, chiedendo il ritiro immediato delle truppe stanziate in Europa Orientale, la fine delle forniture di armi e dei finanziamenti alle parti in guerra, il blocco degli aumenti delle spese militari. Facciamo sentire forte la voce della pace, della libertà e della giustizia sociale.
Alla guerra e alla propaganda militarista rispondiamo signornò!
Tersite